Nuove foto aggiunte

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A margine del XXXIII Congresso Nazionale Forense, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, durante il suo intervento, ha manifestato l’intenzione di proseguire nel confronto con l’Avvocatura in relazione ai provvedimenti che la riguardano direttamente o da vicino.

Nell’esprimere tale (apprezzabile) proposito, il Ministro ha, tuttavia, preteso muovere un rimprovero a coloro che (come ANF) hanno impugnato i regolamenti ministeriali attuativi della Legge Professionale.
Il Ministro ha dichiarato, per l’esattezza, che “Se si sceglie la via dei ricorsi, legittimo, allora non si possono costruire tavoli di concertazione perché non si può dire se non è passata la mia tesi allora io faccio ricorso contro l'ipotesi di decreto che è uscita fuori” e immediatamente dopo “uno quando fa il ricorso e magari per la lotteria della giustizia amministrativa italiana lo vince anche si fa un po' di iscritti o un po' di consenso”.
Affermazioni che non riteniamo in alcun modo accettabili, per ragioni che ci appaiono lapalissiane, ma che – evidentemente – è opportuno ribadire.

Innanzi tutto, la decisione di impugnare un regolamento è un diritto di chiunque vi abbia interesse ed è anche un dovere, per chi è portatore di interessi collettivi, soprattutto quando l’impugnazione è volta a rilevare l’illegittimità e il contrasto con la legge e con i principi costituzionali. Un diritto non negoziabile e la cui rinuncia non può – nemmeno allusivamente – essere posta come contropartita e precondizione per l’ammissione al tavolo di confronto istituzionale (“Se si sceglie la via dei ricorsi … allora non si possono costruire tavoli di concertazione”).

Se, infatti, il Ministro ben può – del tutto legittimamente – discostarsi dai rilievi mossi, nel merito, dalle diverse anime dell’Avvocatura, dovendo, in ogni caso, assumersi la responsabilità della stesura definitiva dei provvedimenti di competenza del proprio dicastero, non può – al contempo - pretendere di sottrarli ai controlli previsti dall’ordinamento sulla loro legittimità.

L’annullamento dei regolamenti impugnati (il regolamento sull’elezione dei CCOOAA e il regolamento sulle specializzazioni) ha sancito, per l’appunto, l’illegittimità di alcune disposizioni, che si ponevano in evidente contraddizione con le norme primarie (e finanche con alcuni principi costituzionali).

Inoltre, definire la “giustizia amministrativa” una “lotteria” significa banalizzare la funzione giurisdizionale ma anche il lavoro degli stessi avvocati (oltre che dei magistrati amministrativi) che sono equiparati a “giocatori” la cui attività difensiva sarebbe essenzialmente irrilevante.

Un’affermazione simile ci sembra ancora più grave in quanto proviene da un soggetto istituzionale preposto a garantire il corretto funzionamento dell’ordinamento giurisdizionale (pur se non direttamente responsabile dell’ordinamento della giustizia amministrativa) e che, banalizzando, appare avvicinarsi al modo di pensare di chi ritiene di aver perso una causa per colpa dei Giudici e non perché avesse torto.

Il direttivo

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