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DUBBI SULLA RIMESSIONE IN TERMINI PER LA MEDAZIONE SUI DECRETI INGIUNTIVI (di Marco Marinaro, Il Sole 24Ore, 25 ottobre 2021)

Si apre un nuovo fronte di contrasto giurisprudenziale sulle conseguenze del mancato tentativo di mediazione obbligatoria nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo. Dopo la sentenza della Cassazione a Sezioni unite 19596/2020, che ha composto i divergenti orientamenti chiarendo che l’onere di avviare la mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo grava sulla parte opposta (e che quindi se non viene tentata porta alla revoca del decreto ingiuntivo), a dividere i giudici di merito ora è la decisione sulla remissione in termini o meno delle parti per esperire la mediazione.
Il nodo è l’interpretazione del prospective overruling: se cioè la pronuncia a Sezioni unite debba essere considerata un cambio di orientamento tale da giustificare la rimessione in termini delle parti per adeguarsi alla novità oppure no.
A spiegare le ragioni del diniego della rimesssione in termini è, da ultimo, il Tribunale di Frosinone che, con la sentenza 932 pubblicata il 4 ottobre scorso, ha respinto la richiesta in questo senso presentata dalla banca creditrice e ha dichiarato l’improcedibilità della domanda che aveva proposto in via monitoria (sulla base di un mutuo chirografario garantito da fideiussioni), revocando il decreto ingiuntivo.
Nel caso esaminato, il giudice aveva disposto la mediazione (obbligatoria ex lege) che era stata avviata dalle parti opponenti, ma solo nei confronti della banca e non della cessionaria del credito che nel frattempo era intervenuta nel giudizio di opposizione.
All’udienza di rinvio il tribunale aveva fissato la precisazione delle conclusioni all’esito della quale aveva trattenuto la causa in decisione respingendo l’istanza di rimessione in termini formulata dalla creditrice che aveva invocato l’overruling alla luce della decisione della Cassazione a Sezioni Unite.

Il giudice ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per la rimessione in termini della parte che subisce gli effetti della improcedibilità della domanda. E ciò in quanto sulla questione degli effetti del mancato esperimento della mediazione nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo non si sarebbe mai formato un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità - tale da indurre l’opposta e l’intervenuta a un ragionevole affidamento su di esso - dal momento che la tesi secondo cui l’onere della mediazione graverebbe sull’opponente era stata espressa dalla Cassazione solo con le sentenze 23003/2019 e 24629/2015. In ogni caso, l’orientamento indicato dalle Sezioni Unite non potrebbe considerarsi imprevedibile o inatteso (si pensi anche solo all’ordinanza interlocutoria della Cassazione 18741 del 12 luglio 2019). E la parte interessata avrebbe avuto il tempo di proporre la domanda di mediazione prima della ripresa del processo, dato che il termine di 15 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza del giudice non è perentorio.

La pronuncia si pone nel solco di altra giurisprudenza di merito dello stesso segno, che evidenzia come in ogni caso la revoca del decreto ingiuntivo non comporti un pregiudizio irreparabile alle ragioni creditorie della parte opposta, dato che il ricorso può essere riproposto (Tribunale di Venezia, sentenza 585 del 20 marzo 2021; Tribunale di Torino, sentenza 714 del 12 febbraio 2021).
Altre pronunce (Tribunale di Salerno, ordinanza del 27 maggio 2021; Tribunale di Napoli Nord, ordinanza del 3 dicembre 2020) stanno andando nella direzione opposta: concedono la rimessione in termini valorizzando la circostanza secondo cui la soluzione adottata dalla sentenza 19596/2020 delle Sezioni Unite era sino ad allora del tutto assente nell’interpretazione della Cassazione. Sarebbe quindi avvenuto un mutamento «imprevedibile» della giurisprudenza di legittimità, fino a quel momento «assolutamente granitica». Quindi la parte opposta non avrebbe avviato la mediazione nel termine decadenziale per causa a sé non imputabile.

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